Cerimonia del tè come arte della seduzione. Bere il tè in diversi paesi. Cerimonia del tè cinese: filosofia di azione


Il significato dei cambiamenti graduali che hanno avuto luogo nella cultura giapponese del XVI secolo è rivelato con grande completezza e convinzione dall'esempio del culto del tè, con il quale è stato associato lo sviluppo di quasi tutti i tipi di arte - architettura, pittura, giardini e arti applicate. È particolarmente significativo il fatto che il rituale, indicato con il termine "toa-no-yu", tradotto nelle lingue europee come una cerimonia del tè, non fosse solo una sorta di sintesi delle arti, ma una delle forme di secolarizzazione della cultura, il passaggio dalle forme religiose dell'attività artistica alla secolare. Il culto del tè è anche interessante dal punto di vista della traduzione dello "straniero" in "suo", assimilazione e elaborazione interna di idee percepite dall'esterno, che è stata la caratteristica più importante della cultura giapponese nel corso della sua storia.

La cosiddetta "Scuola della giada singhiozzante" insegnava a mescolare il tè in polvere con una piccola quantità di acqua calda in una pasta in una tazza di tè pre-riscaldata. Con l'acqua rimanente, il tè è stato battuto con una scopa fatta di bambù tritato, fino a quando una corona di schiuma solida si è formata sulla superficie. Il vincitore del concorso del tè era quello la cui schiuma era il più forte possibile, e che durò a lungo.

Mentre in Giappone nel secolo scorso, questo metodo di coltivazione del tè divenne più popolare e si affermò come un rituale con regole fisse nella cultura giapponese, la cultura del tè cinese sviluppata nelle successive dinastie in una direzione completamente diversa. Nel corso di questo sviluppo, si sviluppò anche una varietà di cinesi. Sulla base della definizione di cui sopra, può essere chiamato una cerimonia del tè, che viene eseguita con sforzi speciali, sforzi e cura.

Determinare l'esatto tipo di cerimonia del tè nel sistema dell'arte, usando le categorie della storia dell'arte europea, non è facile. Non ha analogie in nessuna cultura artistica dell'Occidente o dell'Oriente. La normale procedura quotidiana di bere una bevanda al tè è stata trasformata in uno speciale atto canonizzato che si è svolto nel tempo e si è svolto in un ambiente appositamente organizzato. La "regia" del rituale fu costruita secondo le leggi della convenzione artistica, vicino al teatro, lo spazio architettonico fu organizzato con l'aiuto delle arti plastiche, ma gli scopi del rituale non erano artistici, ma religiosi e morali.

Con la semplicità dello schema generale della cerimonia del tè, è stato un incontro tra l'ospite e uno o più ospiti per un tea party in comune: l'attenzione è stata posta sul design più accurato di tutti i dettagli, fino al più piccolo, riguardante la sede e la sua organizzazione temporanea.

Si può capire perché il rituale del tè abbia assunto un posto così importante, essendo stato conservato per molti secoli fino ai tempi moderni, solo esaminandolo e analizzandolo attentamente nel contesto della cultura artistica giapponese e le caratteristiche del suo sviluppo dalla seconda metà del XV alla fine del XVI secolo.

Come sapete, la prima bevanda del tè cominciò a essere consumata in Cina nell'era del Tan (VII-IX secolo). Inizialmente, l'infusione di foglie di tè era usata per scopi medici, ma con la diffusione del buddismo della setta Chan (in giapponese - Zen), che considerava le lunghe meditazioni il metodo principale per penetrare nella verità, i seguaci di questa setta cominciarono a bere il tè come stimolante. Nel 760, il poeta cinese Lu Yu scrisse il libro del tè (Cha Ching), dove delineò un sistema di regole per preparare una bevanda al tè facendo bollire le foglie di tè. Il tè in polvere (come in seguito per la cerimonia del tè) è stato menzionato per la prima volta nel libro del calligrafo cinese dell'XI secolo Jiang Xiang "Cha lu" (1053) 1. Per quanto riguarda il bere il tè in Giappone, ci sono informazioni su fonti scritte dell'VIII - IX secolo, ma solo nel XII secolo, durante il periodo di crescenti contatti tra il Giappone e Sung China, il consumo del tè divenne relativamente comune. Il fondatore di una delle scuole di Buddismo Zen in Giappone, il sacerdote Eisai, di ritorno dalla Cina nel 1194, piantò cespugli di tè e cominciò a coltivare tè per rituali religiosi nel monastero. Possiede anche il primo libro giapponese sul tè, Kissa Yojoki (1211), che parla anche dei benefici per la salute del tè.

1 (Vedi: Tanaka Sen "o. The Tea Ceremony., Tokyo, New York, San Francisco, 1974, p.25.)

La crescente influenza dei preti Zen in Giappone, politica e culturale che vive nei secoli XIII-XIV ha portato al fatto che bere il tè diffuso oltre la monasteri Zen, è diventato uno dei preferiti nobiltà passatempo samurai, prendendo la forma di un concorso speciale, divertimento indovinando tè coltivate in un modo o nell'altro aree. Queste degustazioni di tè sono durate dalla mattina alla sera con un gran numero di ospiti e ciascuna ha ricevuto fino a diverse dozzine di tazze di tè. Gradualmente, lo stesso gioco, ma meno magnifico nei suoi dintorni, si diffuse tra i cittadini. Numerosi riferimenti ad esso si trovano non solo nei diari di quel tempo, ma anche nella famosa cronaca "Taiheiki" (1375).

Il maestro del tè (tiadzin), che si dedicava al culto del tè, di regola, era un uomo ben educato, un poeta e un artista. Era un tipo speciale di "intellettuale" medievale che apparve alla fine del XIV secolo nella corte degli shogun di Ashikaga, incline a proteggere la gente dell'arte. Vivendo in un monastero Zen e diventando membri di una comunità, i maestri del tè potevano provenire da un'ampia varietà di strati sociali, dal daimyo di alto livello all'artigiano urbano. Nelle difficili condizioni del fermento sociale, dell'instabilità, della ristrutturazione della struttura interna della società giapponese, sono stati in grado di mantenere i contatti sia con i vertici della società che con gli strati intermedi, rilevando sensibilmente i cambiamenti e reagendo a loro a modo loro. In un momento in cui l'influenza delle forme ortodosse di religione stava declinando, essi contribuirono consapevolmente o intuitivamente al suo adattamento a nuove condizioni.

L'antenato della cerimonia del tè nella sua nuova forma, che già aveva poco a che fare con il gioco di corte del tè, è considerato Murat Shuko, o Dzuko (1422-1502). Ha dedicato tutta la sua vita all'arte della cerimonia del tè, vedendo le profonde basi spirituali di questo rituale, confrontandolo con i concetti Zen della vita e della coltivazione interiore.

Il successo del suo lavoro, naturalmente, era basato sul fatto che le sue aspirazioni soggettive coincidevano con la tendenza generale dello sviluppo della cultura giapponese in condizioni di prolungate guerre civili, innumerevoli disastri e devastazioni, la divisione dell'intero paese in aree ostili separate.

È proprio perché l'attività di Murat Syuko esprimeva gli ideali sociali del suo tempo che la cerimonia del tè da lui creata come forma di rapporto sociale si diffuse rapidamente in tutto il paese e in quasi tutti i segmenti della popolazione. Essendo cittadino tra i cittadini (figlio di un prete, cresciuto nella famiglia di un ricco mercante della città di Nara e poi novizio in un tempio Zen), Syuko era associato alla classe emergente della città, che fu introdotta per la prima volta nella cultura, ma non aveva le sue forme attività culturale e quindi adattata alle loro esigenze già esistenti. Vivendo in un monastero buddista, Syuko fu in grado di assimilare forme così consolidate, tradizionali per il Giappone feudale, dove i monasteri erano centri di educazione e cultura. Nel loro modo di vita e di occupazione, i novizi zen erano in realtà laici: potevano lasciare il monastero per sempre o per un po ', potevano costantemente comunicare con i cittadini e infine viaggiare per tutto il paese. I monasteri Zen condussero vaste attività economiche e altre attività pratiche, fino al commercio all'estero, che era abbastanza coerente con i principi fondamentali della dottrina Zen 2.

2 (Vedi: Sansom G. Japan. Una breve storia culturale. Londra 1976, pp. 356, 357.)

Il buddismo zen, che ricevette lo status di ideologia di stato sotto gli shogun di Ashikaga, era strettamente connesso alla sfera dell'arte, incoraggiando non solo lo studio della poesia e della pittura classica cinese, ma anche il proprio lavoro dei suoi adepti come modo per comprendere le ineffabili parole di verità. Tale combinazione di praticità e "vita nel mondo" con un vivo interesse per l'arte, caratteristica dello Zen, spiega la tendenza della secolarizzazione iniziata nella seconda metà del XV secolo. Un'espressione tipica di questo processo era il graduale "spostamento di enfasi" nel funzionamento di alcuni tipi di arte, in particolare l'architettura e la pittura, e le loro nuove connessioni tra loro. Ma la cosa più importante è che i religiosi in questo periodo non solo lasciano il posto al secolare o diventano laici, ma con questa trasformazione prende la forma dell'estetica 3. Paradossalmente, il buddismo Zen ha avuto un ruolo significativo nella secolarizzazione dell'arte. Nello studio della cultura artistica giapponese, è importante sottolineare alcune caratteristiche degli insegnamenti di questa setta, poiché è stato lo Zen ad avere l'influenza più forte e incomparabile sulla formazione dei principi fondamentali della coscienza estetica giapponese.

3 (Vedi: Tanaka Ichimatsu. Pittura a inchiostro giapponese: Shubun a Sesshu. New York, Tokyo, 1974, p. 137.)

La caratteristica qualità dello Zen, come l'intero Buddhismo Mahayana, era un appello a tutti, non solo agli eletti, ma, a differenza di altre sette, lo Zen predicava la possibilità di raggiungere il satori - "illuminazione" o "illuminazione" - da qualsiasi persona nella vita quotidiana. , insignificante esistenza quotidiana. Praticità e attività di vita costituivano una delle caratteristiche della dottrina Zen. Secondo Zen, il nirvana e il sansara, spirituale e secolare, non sono separati, ma si fondono in un unico flusso di essere, indicato con il termine Tao (via) tratto dal Taoismo. Il flusso dell'essere nell'insegnamento Zen divenne sinonimo del Buddha, e quindi non un paradiso metafisico, ma la vita di tutti i giorni era oggetto dell'attenzione più vicina. Qualsiasi evento o azione ordinaria, secondo l'opinione degli adepti Zen, può innescare un "illuminismo", diventando una nuova visione del mondo, un nuovo senso della vita. Quindi, il rifiuto dell'esoterismo e dei testi sacri, così come di uno specifico rituale religioso (la sua assenza ha permesso di trasformarsi in un rituale di qualsiasi azione, compreso il bere il tè). Non solo i monaci e i preti potevano essere seguaci dello Zen, ma qualsiasi persona, qualunque cosa facesse e non importava in che modo vivesse.


Nel precedente periodo storico, il sermone Zen, rivolto principalmente ai rappresentanti della classe militare e alla lotta contro lo spirito combattivo, il disprezzo per la morte, la resistenza e l'impavidità, ora, con il crescente significato sociale dei cittadini - commercianti e artigiani, si rivelò rivolto nella loro direzione. Un tale appello ai nuovi strati sociali richiedeva forme diverse, orientamento ad altri gusti e bisogni. Se prima l'etica Zen ha individuato le idee di devozione e sacrificio vassallo, ora si è trasformata in una "filosofia della vita", un'attività pratica, particolarmente vicina all'atteggiamento verso la classe urbana emergente. Con la "rimozione delle opposizioni" utopica caratteristica della struttura stessa del suo pensiero 4, lo Zen compensava l'insolvibilità delle vere contraddizioni della vita sociale del Giappone in quel momento. Nel campo della cultura artistica, con la sua tendenza generale alla secolarizzazione, il caratteristico spostamento dello zen dell'attenzione dalla contemplazione mistica, religiosa all'esperienza estetica come suo analogo si è rivelato estremamente efficace. Ciò era collegato alla dottrina della comprensione diretta, intuitiva, non verbale della verità attraverso un'opera d'arte. Era proprio nell'insegnamento Zen che poteva diventare una fonte di verità, e l'estatica esperienza della bellezza era un contatto istantaneo con l'Assoluto. Poiché il fatto stesso della conoscenza della verità aveva un significato etico (era una "virtù" se usare l'analogia con il cristianesimo), la maggiore attenzione all'arte e all'atto creativo stesso era altamente caratteristica dello Zen (non era per niente che i sacerdoti Zen erano i creatori della maggior parte degli insiemi di giardinaggio paesaggistico , rotoli di pittura monocroma, esempi eccezionali di ceramiche, erano anche maestri del tè).

4 (Vedi: I. Abaev: alcune caratteristiche strutturali del testo Ch'an e del Buddhismo Chan come sistema mediatico. - Nel libro: The Eighth Scientific Conference "Society and State in China", vol. 1. M., 1977, p. 103-116.)

Il concetto zen di "intuizione" è il momento più importante non solo della teoria Zen della conoscenza stessa. Implica un tipo speciale di percezione, compresa la percezione di un'opera d'arte. Di conseguenza, la struttura dell'immagine artistica nell'arte Zen (il tipo stesso di linguaggio plastico, composizione, ecc.) È progettata specificamente per questo tipo di percezione. Non un graduale avanzamento dall'ignoranza alla conoscenza, in altre parole, una percezione coerente e lineare, ma una istantanea comprensione dell'essenza, l'intera pienezza del significato. Ciò è possibile solo nel caso in cui il mondo sia inizialmente rappresentato come integrità, e non come molteplicità, mentre la persona stessa è una parte organica di questa integrità, non isolata da essa e quindi non opposta ad essa come soggetto di un oggetto.


Il paradosso nella struttura del pensiero Zen a volte significava un atteggiamento negativo nei confronti di tutto ciò generalmente accettato. "Quando qualcuno ti fa una domanda, rispondi negativamente se contiene qualche affermazione, e viceversa, affermativamente, se contiene la negazione ..." - queste parole appartengono al sesto patriarca Zen che visse in Cina nel VII secolo e delineò le basi della dottrina zen 5. In accordo con tale atteggiamento di coscienza, il più basico e disprezzato potrebbe diventare prezioso, portando a dichiarazioni blasfeme dal punto di vista del buddismo ortodosso (per esempio, Buddha è un pezzo di merda secca, il nirvana è un polo per legare asini, ecc.); bello, al contrario, potrebbe rivelarsi quello che per standard precedenti era generalmente oltre l'estetica. In Giappone, alla fine del XV-XVI secolo, era l'intera gamma di articoli casalinghi delle fasce più povere della popolazione: i contadini, gli artigiani urbani, i piccoli commercianti. Una malandata capanna di paglia, utensili fatti di argilla, legno e bambù erano contrari ai criteri di bellezza incarnati nell'architettura del palazzo, il lusso dei suoi arredi.

5 (Vedi: I. Abaev. Alcune caratteristiche strutturali del testo Ch'an .. p. 109.)

È questo movimento di alti e bassi nella gerarchia dei valori estetici che è stato portato avanti dai maestri del tè e incarnato nel rituale del tyu no. Affermando nuovi criteri per la bellezza, il culto del tè, allo stesso tempo, usava il sistema già stabilito di tipi e generi di arte, solo scegliendo da sé quello giusto e appropriato. Durante la cerimonia del tè, tutto ciò è stato combinato in una nuova unità e ha ricevuto nuove funzioni.


Murata Syuko ha reinterpretato le forme già esistenti del rituale del tè - bere il tè monastico durante le meditazioni e le competizioni del tè di corte dal punto di vista della percezione del mondo Zen e delle idee estetiche Zen. Dopo aver dato la competizione del tè alla corte Ashikaga Yoshimas, il significato Zen di separarsi dal mondo della vanità per immergersi nel silenzio e nella pulizia interiore, Syuko iniziò a creare quella forma di rituale che ricevette la sua piena espressione dai suoi seguaci nel XVI secolo.

In un'epoca di disordini e guerre civili incessanti, le cerimonie del tè alla corte di Yoshimas, con il loro lusso raffinato, erano una fuga dalla dura realtà e un "gioco" di semplificazione. Accanto al Padiglione d'Argento, nel cosiddetto Togudo, c'era una piccola stanza (meno di tre metri quadrati), che Suko usava per le cerimonie del tè che diventavano più intime e non affollate. Le pareti della stanza erano coperte di carta giallo chiaro, sotto il rotolo di calligrafia c'era una mensola con utensili da tè messi da parte per ammirarli. Nel pavimento della stanza c'era un focolare. Era la prima stanza appositamente attrezzata per la cerimonia del tè, che divenne il prototipo di tutti i successivi.

Per la prima volta, Syuko stesso preparò il tè per gli ospiti, e usò anche, insieme a utensili cinesi, i prodotti fabbricati in Giappone che erano fatti con la massima cura e attenzione. Un tale compromesso estetico non era casuale e aveva le sue ragioni legate ai processi sottostanti che si svolgevano nelle profondità della struttura gradualmente mutevole della società giapponese, che in seguito portò alla formazione di ideali puramente nazionali di bellezza.

Confrontando i due periodi della cultura giapponese, definiti come Chitaim (il regno di Shogun Ashikaga Yoshimitsu - fine XIV e inizio XV secolo) e Higashiyama (regno di Ashikaga Yoshimas - seconda metà del XV secolo), il professor T. Hayasiya vede le basi per la loro significativa differenza in questo Per la prima volta, la cultura di Higashiyama coinvolse attivamente rappresentanti dell'élite mercantile urbana, che non ebbe alcun impatto sulla cultura cinese. I ricchi cittadini mantennero stretti contatti con i leader politici del paese, fornendo loro un costante sostegno finanziario e ricevendo per questo il diritto al commercio estero con la Cina. I principali articoli importati dalla Cina insieme a monete e tessuti in rame erano dipinti e pergamene di calligrafia, porcellana e ceramica. Passando nelle mani dei mercanti come cose preziose e prestigiose, hanno cominciato a ricevere nei loro occhi anche valore culturale. Tuttavia, essendo in costante contatto con le opere d'arte come una merce che dava loro enormi profitti, i cittadini non potevano mancare di portare nella loro percezione la consapevolezza della loro utilità e dei loro benefici pratici. Così, gradualmente, è sorta una simbiosi dei concetti "bello" e "utile", che più tardi, assumendo una forma completamente diversa, hanno avuto un impatto significativo sull'intero programma estetico del culto del tè.

6 (Vedi: Hayashiya Tatsusaburo. Kyoto nell'era Muromachi. - In: Giappone nell'era Muromachi. Ed. J. W. Hall e Toyoda Takeshi. Berkeley, Los Angeles, Londra, 1977, p. 25.)

La consapevolezza di ciò che è utile come bello ha significato l'inclusione della cosa nella sfera della percezione emotiva e attraverso di essa nella più ampia sfera spirituale. Il vero significato della cosa, la sua funzione pratica è stata trasformata in un valore ideale o addirittura ricevuto una moltitudine di significati. Il confronto, e quindi la combinazione dei concetti di "bellezza" e "beneficio", sorti nell'ambiente della classe urbana formatasi e prima aderito alla sfera culturale, ebbe conseguenze ideologiche estremamente importanti, che portarono progressivamente alla desacralizzazione della bellezza, alla sua mondanità, particolarmente evidente nella cerimonia del tè la cui ulteriore evoluzione fu influenzata da impulsi provenienti dall'ambiente degli abitanti della città.

Questa evoluzione è associata al nome di Takeno Zyoo, o Shyo (1502-1555), figlio di un facoltoso conciatore della città di Sakai, un fiorente porto e centro commerciale vicino ad Osaka. Nel 1525, Joo venne a Kyoto per imparare la versificazione, e nello stesso tempo iniziò a prendere lezioni di cerimonia del tè da Shuko. Più familiarità con la vita della classe urbana, che ha percepito più organicamente di Syuko, la sua visione del mondo, Zзo e nel culto del tè, le idee che esprimono gli aspetti più democratici della dottrina Zen: ugualmente aperti all'illuminazione attraverso il contatto con la bellezza, la semplicità e la mancanza di pretese mobili e utensili, ecc. Suko, essendo alla corte dello shogun, poteva dichiarare queste idee più che attuarle, e Joo cercava di trovare forme concrete di espressione per loro. Nella procedura sviluppata da Syuko, Zouo introdusse elementi delle cosiddette riunioni del tè, diffuse tra i cittadini. Era anche un tipo di rapporto sociale, ma, a differenza del rituale di corte, su un piano più domestico e pragmatico e con altri compiti. Una conversazione amichevole con una tazza di tè era anche un incontro di lavoro e con rappresentanti delle classi superiori. Padroneggiare le buone maniere e le regole del "buon gusto" per tali incontri divenne il germe dell'etichetta della cerimonia del tè.

Ma l'idea più importante racchiusa nella cerimonia del tè di Joo è stata l'idea dell'uguaglianza. I contatti commerciali costanti dell'élite samurai con l'élite del commercio urbano furono espressi non solo dal desiderio di quest'ultimo di imitare lo stile di vita della classe superiore, compresa la collezione di opere d'arte e costosi utensili da tè. Questo fu l'emergere di una nuova classe di autocoscienza, che stava crescendo economicamente, ma completamente priva di diritti politici e stava cercando di affermarsi almeno a livello culturale e quotidiano.

La fase di formalizzazione della cerimonia del tè come un rituale completo indipendente con un proprio programma estetico è associata al nome del venerato maestro giapponese Senno No Rikyu (1521-1591), la cui vita e attività riflettono la complessità e l'unicità della situazione culturale in Giappone nel 16 ° secolo.

Rikyu era il nipote di Senami, uno dei consiglieri (dobosyu) alla corte di Ashikaga Yoshimas, e il figlio del ricco mercante Sakai. Nel 1540, divenne uno studente del ritorno di Sakai Joo. Ha portato alla massima perfezione non solo le idee del suo insegnante diretto, ma anche le idee di Syuko, collegandole anche con alcune caratteristiche del raffinato stile delle competizioni del tè di corte.


L'erezione di una casa da tè da parte del maestro jo (tashitsu) fu un atto importante per stabilire il rituale come un'azione indipendente, che portò all'istituzione di regole di comportamento e organizzazione dell'ambiente. Poiché le case da té furono costruite nei monasteri Zen e nelle città, vicino all'edificio principale dell'appartamento, solitamente circondato da almeno un piccolo giardino, l'idea di un giardino del tè speciale (pulln), il cui design era soggetto alle regole del rituale, gradualmente emerse. Rikyu apparteneva ai principi di base della creazione di un tale giardino. Ha sviluppato il design della casa, dall'orientamento ai paesi del mondo e l'illuminazione associata e termina con le più piccole caratteristiche dell'organizzazione dello spazio interno.


Sebbene il ruolo di Rikyu nella formazione dei principi della cerimonia del tè fosse predominante, con il cambiamento della situazione sociale nel paese nell'ultimo decennio del XVI secolo e specialmente all'inizio del XVII secolo, apparvero altre modifiche del rituale. Le idee sublimi e la dura serietà, che animavano l'attività creativa di Rikyu, cominciarono a contraddire la tendenza generale della cultura giapponese. Non è un caso che Saint-No Rikyu stesso e il suo famoso allievo Furuta Oribe (1544-1615) siano stati costretti a commettere un suicidio rituale (seppuku).

Già, Oribe ha avuto un leggero spostamento di enfasi nell'umore generale e nell'entourage della cerimonia del tè. Fu il primo a introdurre consapevolmente il concetto di gioco nel mondo del culto del tè La sfumatura dell'intrattenimento (un tempo peculiare delle competizioni tea tea) rendeva la cerimonia più accessibile alla gente comune, principalmente agli abitanti delle città, con le loro richieste e gli oneri senza pretese per godersi la vita e non il pensiero profondo. Ma dal suo grande maestro, Oribe ha assunto un atteggiamento programmaticamente creativo nei confronti della tradizione e ha ulteriormente enfatizzato il ruolo del maestro del tè come artista, come persona dotata di grande potere creativo e immaginazione. Possiede un numero significativo di ceramiche, così definite personalmente e prive di analogie, che il concetto stesso di "stile oribe" è diventato nominale: sono caratterizzati da forme rettangolari con decorazioni asimmetriche accentuate o smaltate con colori a contrasto.

7 (Vedi: Hayashiya Tatsusaburo, Nakamura Masao, Hayashiya Seizo. Arti giapponesi e la cerimonia del tè. New York, Tokyo, 1974, p. 59.)

Dopo Sen-no Riku, la categoria del gusto artistico personale (la cosiddetta cagna) è stabilita nel culto del tè, e l'evoluzione del rituale stesso è divisa in due direzioni, una delle quali era una continuazione del suo stile (i suoi figli e nipoti che fondarono le scuole Urasenke e Omotekenke) il secondo, che ha ricevuto il nome di "stile daimyo", è diventato un passatempo raffinato ed enfatizzato per l'élite della società. Il fondatore di questa tendenza è considerato il famoso maestro del tè e l'artista dei giardini di Kobori Enea (1579-1647).


Per comprendere e valutare come un atto creativo uguale alla creazione di un dipinto o di un giardino, cosa è stato fatto dai maestri del tè della fine del XV e XVI secolo, è necessario immaginare più accuratamente la procedura della cerimonia del tè stessa.

Questa etichetta, così come l'intero ambiente, è stata creata gradualmente. Ogni maestro del tè, in accordo con le sue idee, così come la composizione degli invitati e le caratteristiche specifiche del momento, fino al clima, ha agito da improvvisatore, creando ogni volta un'azione diversa e unica, usando i principali cliché stabiliti. L'impossibilità di una ripetizione assoluta ha creato l'attrattiva e il significato di ogni cerimonia del tè, che con un alto grado di condizionalità può essere paragonata a una rappresentazione teatrale che rinasce ogni sera sul palco, sebbene sia basata sullo stesso pezzo.

Lo sviluppo dell'etichetta dell'azione del tè, che si svolgeva simultaneamente con la formazione delle sue fondamenta spirituali e l'organizzazione dell'ambiente, era la "giapponazione" del costume che veniva dal continente, il suo adattamento a specifiche condizioni culturali e quotidiane.

I suoi primi inizi erano già nelle cerimonie, che venivano condotte dai consiglieri di corte (prima della tribù), che preparavano gli utensili in un certo ordine e preparavano il tè per il proprietario e i suoi ospiti. Suko, che fu il primo a preparare il tè per gli ospiti e ad agire come un maestro, cercò dapprima di dare un significato spirituale a tutte le azioni e chiese concentrazione su ogni movimento e gesto, proprio come gli insegnanti Zen erano costretti a concentrarsi sullo stato interiore, muovendosi mentalmente indietro. dal mondo esterno e immergersi in uno stato di meditazione, quando la coscienza è disattivata, per così dire, ma la sfera del subconscio è attivata 8. Sviluppato dai suoi seguaci, Zзоo e Sen-no-Riky, l'intero rituale è stato costruito sulla base di un certo sistema di regole sia per l'ospite che per gli ospiti, il cui comportamento non dovrebbe andare oltre queste regole, altrimenti l'intera azione, la sua unità attentamente pensata, si sarebbe spezzata 9 . Le regole variavano in base all'ora del giorno in cui si teneva la cerimonia (la sera, a mezzogiorno, all'alba, ecc.), E specialmente sulla stagione, poiché la sottolineatura di segni di una certa stagione e sentimenti associati era tradizionale per tutti i giapponesi cultura artistica.

8 (Sebbene la dottrina Zen abbia proclamato un atteggiamento negativo nei confronti di testi canonici e rituali, infatti, i fondatori della setta Eisai e Dogen hanno sviluppato una carta per la vita pratica della comunità Zen, regolando tutto fino al più piccolo dettaglio, incluso mangiare, lavare, vestirsi, ecc. Collcutt M. Five Mountains., Il Rinzai Zen Monastic Institution nel Giappone medievale. Cambridge (Mass.) E London, 1981, pp. 147-148). Allo stesso tempo, non hanno semplicemente spiegato come tutto è fatto e per cosa, ma lo hanno collegato con le dottrine Zen, evidenziando come la necessità più importante di concentrarsi su tutte le funzioni più elementari. Quindi, la vita quotidiana dei membri della comunità consisteva non solo di molte ore di contemplazione, ma anche di lavoro, e ogni azione diventava un rituale in cui le basi dell'apprendimento venivano comprese nello stesso modo in cui ascoltavo i sermoni o nei momenti di auto-approfondimento mentre contemplavo. La ritualizzazione come metodo per trasformare il quotidiano in sacro, basso in alto e servito come modello per le attività dei maestri del tè.)

9 (Mer l'idea di un "gioco" come "ordine" nel libro: Huizinga J. Homo Ludens. Haarlem, 1938, p. 10.)


L'ospite, il maestro del tè, invitò uno o più ospiti (ma non più di cinque) alla cerimonia, stabilendo un orario specifico. Gli ospiti si sono riuniti circa mezz'ora prima della partenza e hanno aspettato su una panchina speciale per l'attesa. La cerimonia iniziò con gli ospiti che entravano attraverso il cancello del giardino del tè, seguendoli silenziosamente, lavandosi le mani e sciacquando la bocca con acqua sul serbatoio (in inverno il proprietario preparava acqua calda per questo, e al buio sopportava la lampada). Poi, uno per uno, gli ospiti entrarono nella casa da tè, lasciando le scarpe su una pietra piatta all'ingresso, e l'ultimo ospite spinse la porta con un leggero bussare, segnalando al proprietario che tutti erano già arrivati. In quel momento apparve un ospite che salutò gli ospiti con un inchino sulla soglia della stanza sul retro (mizuya).


La formazione del fuoco nel focolare potrebbe verificarsi agli ospiti o prima del loro arrivo. Ospiti seduti sul tatami di fronte al proprietario. L'ospite principale è al posto d'onore, vicino alla nicchia dove pende il dipinto o c'è un vaso con un fiore e un incensiere con incenso. Il proprietario iniziò gradualmente, in modo rigoroso per preparare utensili. In un primo momento - una grande nave in ceramica con acqua pulita, coperta da una copertura di vernice. Poi - una tazza, una frusta e un cucchiaio, poi una teiera e alla fine - un contenitore per l'acqua usata e un mestolo di bambù. C'è un certo ordine di rimozione di tutti gli oggetti dalla sala da tè all'utenza dopo la cerimonia 10. Il momento più importante della cerimonia è stata la preparazione degli utensili - la sua purificazione, ovviamente, simbolica, con l'aiuto di fucus - un pezzo di tessuto di seta piegato. Quando l'acqua nella pentola di ferro sospesa sopra il focolare cominciò a bollire, il proprietario raccolse acqua con un mestolo di legno a manico lungo e la scaldò con una tazza e una speciale frusta di bambù per battere il tè verde in polvere. Quindi la tazza fu accuratamente pulita con un tovagliolo di lino. Con un lungo cucchiaio di bambù, il proprietario tirò fuori la polvere di tè da una teiera e, riempiendola d'acqua, la frustò in una schiuma con una scopa. Questo è stato il momento più cruciale, poiché la qualità del tè dipendeva dal rapporto tra acqua e tè, dalla velocità della frusta e dalla durata della zangolatura, per non parlare della temperatura (nella stagione calda, ad esempio, appena prima di preparare il tè, aggiungine uno al bollitore). secchio di acqua fredda).

10 (Vedi: Castile R. The Way of Tea. New York, Tokyo, 1971, pp. 274-278.)

Sia la scelta che l'ordine di mettere le cose sul tappeto davanti al proprietario dipendono da quale dei due principali tipi di cerimonia ha luogo - il cosiddetto ko-ty (tè denso) o usu-ty ​​(tè liquido). A volte formano due fasi della stessa cerimonia, con una pausa e gli ospiti in giardino per rilassarsi.

Il tè denso viene preparato in una grande tazza di ceramica, e ognuno dei presenti ne beve un sorso, pulisce il bordo della tazza e lo passa al prossimo ospite. Il tè liquido viene preparato in una tazza leggermente più piccola per ogni ospite, dopodiché la tazza viene lavata, asciugata e la procedura viene ripetuta. Nella preparazione del tè liquido si distinguono diciassette fasi diverse Dopo che il tè è stato bevuto, l'ospite esamina attentamente la tazza, che si trova sul palmo della mano sinistra. Lo gira con le dita della mano destra (anche nel modo prescritto) e gode non solo della sua forma, del colore, ma anche della sua consistenza, della bellezza della sua superficie interna, e quindi, girandola, del suo fondo. La tazza non dovrebbe essere troppo sottile per non bruciare le mani, ma non dovrebbe essere troppo pesante per non stancare l'ospite. Lo spessore delle pareti della tazza varia a seconda della stagione calda o fredda. Associato a questo è la sua forma - più aperto o chiuso, profondo o superficiale.

11 (Ibid., P. 277.)

Nella cerimonia coy-toa, una teiera in ceramica (cha-ire) è usata nella forma di una piccola bottiglia con un berretto d'avorio. Viene versata una polvere di tè verde (dovrebbe essere usata completamente in una cerimonia). Per usutya necessariamente prendere il tè della lacca (natsume), e la polvere di tè in esso può rimanere dopo la cerimonia. Tya-ire ha messo un vassoio di lacca e natsume direttamente sul tappeto.

Un cucchiaio di bambù per togliere una polvere da una teiera è una questione di orgoglio speciale di ogni maestro del tè. Riguarda la sua conversazione inizia dopo il tè. Lucidato con le mani per un uso a lungo termine, semplice e senza pretese, un cucchiaio del genere incarnava pienamente lo "spirito del tè", la fioritura più apprezzata dell'antichità, la patina, che è fragile e apparentemente di breve durata sulle cose. La stessa patina dell'antichità era apprezzata nelle cose in ceramica e in una pentola di ferro, dove l'acqua bolliva. Sono stati enfatizzati solo un tovagliolo di lino e un mestolo di bambù. La novità potrebbe essere la frusta di bambù per sfornare il tè.


I piacevoli movimenti calmi e misurati del maestro del tè non solo, come la danza, erano di particolare interesse per gli ospiti, ma creavano anche un'atmosfera generale di pace, concentrazione interiore, distacco da tutto ciò che non era rilevante per l'atto. Quando il tè fu finito e il proprietario chiuse il coperchio della nave con acqua fredda, era tempo di ammirare gli utensili: un cucchiaino di bambù, un caddy, una tazza. Dopo di ciò, potrebbe sorgere una conversazione sul merito degli utensili e sulla sua scelta da parte dell'ospite per l'occasione. Ma la conversazione non era richiesta. Il contatto interiore dei partecipanti era considerato più importante, "conversazione silenziosa" e intuizione dell'essenza più intima degli oggetti, la comprensione intuitiva della loro bellezza. Sì, e l'intero disegno esterno dell'azione è stato considerato secondario nella cerimonia. Dietro di lui c'era un sottotesto complesso, ogni volta diverso a seconda delle condizioni specifiche. Era la molla principale del rituale, tutto era subordinato alla sua comprensione e tutti gli elementi della cerimonia divennero il mezzo per la sua formazione e identificazione per i partecipanti.

Quindi, l'intera azione consisteva in una catena coerente di situazioni di "gioco", che acquisivano, in virtù del loro significato sottolineato, un ulteriore significato simbolico.


Ogni partecipante eseguiva una serie di azioni canonizzate, ma l'obiettivo finale della cerimonia, come se fosse crittografato, era di eliminare le catene della coscienza della vita quotidiana, liberarla dalla vanità della vita reale, una sorta di "filtraggio", purificazione per la percezione ed esperienza della bellezza. La condizionalità della situazione rituale consisteva nel fatto che la persona nella cerimonia del tè era priva delle sue varie proprietà e qualità, delle sue uniche combinazioni individuali. Hanno temporaneamente "respinto", sono rimasti dall'altra parte delle porte del giardino del tè, e una qualità è stata particolarmente sottolineata - la ricettività per la bellezza, la prontezza per la sua comprensione emotiva e intuitiva. Tutti i partecipanti hanno sperimentato la bellezza a modo loro, sebbene la costruzione canonica dell'azione fosse focalizzata non tanto sulle diverse reazioni delle persone quanto sull'identità della stessa capacità di comprendere la bellezza, la sublimazione della spiritualità attraverso l'emozione estetica. Ma la possibilità di ciò è nata solo in virtù della costruzione stessa del rituale, della sua organizzazione secondo le leggi di una convenzione speciale - le leggi del lavoro artistico. L'atto creativo collettivo dei maestri del tè della fine del XV - inizi del XVI secolo consisteva nella consapevolezza di queste leggi e nella creazione sulla base delle singole componenti della completa integrità.

La prima forma della casa da tè ideologicamente e stilisticamente è tornata all'architettura residenziale, sia nel design che nello spazio in cui è stato organizzato. Ma allo stesso tempo, Tysytsu non era destinato all'abitazione, e il suo spazio interno durante la cerimonia funzionava come sacrale, suggerendo azioni che avevano un significato simbolico e differivano da quelle ordinarie. L'idea del tempio di casa non era nuova per il Giappone - risale agli antichi concetti shintoisti. Ma la casa da tè, piuttosto, può essere caratterizzata nelle definizioni negative tipiche del buddismo Zen: "non-casa", "non-tempio". Doveva anche somigliare a un eremita o una casa di pescatori costruita con i materiali più semplici e comuni: legno, bambù, paglia e argilla. Le prime case da tè furono costruite sul territorio dei monasteri Zen, erano circondate da un giardino, nascosto dagli occhi dietro una staccionata, che contribuiva alla sensazione della loro privacy. All'inizio del XVI secolo, con l'ampia diffusione del culto del tè, le case da tè cominciarono a essere costruite direttamente nelle città, che erano già abbastanza vicine e fittamente costruite. Persino i ricchi cittadini potevano prendere un piccolo pezzo di terra sotto la casa da tè, il che ha rafforzato la tendenza alla semplificazione e alla compattezza del suo design. Così, il tipo più comune di "stile shan" (capanna di canne), il più diffuso in tutto il secolo, divenne via via sempre più diverso nei dettagli dal tipo principale di edificio residenziale dell'epoca. Pertanto, le restrizioni molto severe e i fondi minimi che sono entrati in possesso di maestri del tè che sono sorti a causa di specifiche condizioni storiche hanno contribuito alla creazione di un ambiente molto speciale per la cerimonia del tè.

Nella prima fase, come in un edificio residenziale, c'era una veranda, dove gli ospiti si riunivano prima dell'inizio del rituale e dove riposavano durante la pausa. La tendenza a strutture più compatte portò all'abbandono della veranda, che a sua volta provocò cambiamenti significativi all'interno e specialmente nel giardino, dove apparve una panca per l'attesa, e prima dell'ingresso della casa c'era uno speciale scaffale sospeso dove lasciarono le spade. all'ingresso della veranda).

Già ai tempi di Takeno Jo, iniziarono a fare un ingresso inferiore alla sala da tè, e Sen-no Rikyu fece un'apertura quadrata di circa 60 cm in altezza e larghezza. La riduzione di scala dell'ingresso era associata a una diminuzione generale delle tasse (Rikyu costruì una misura inferiore a quattro metri quadrati), ma questo era anche il suo significato simbolico di uguaglianza di tutti nella cerimonia del tè: qualsiasi persona, indipendentemente dallo status di classe, grado o grado, doveva chinarsi per scavalcare la soglia della sala da tè, o, come hanno detto, "lasciare la spada oltre la soglia".


52. Lo schema del giardino e il padiglione per la cerimonia del tè. Dal libro "The Art of Tea". 1771

Nella sua costruzione, la sala da tè proveniva dal tradizionale sistema di costruzione del telaio del Giappone, poiché era tradizionalmente basata sul materiale da costruzione principale: il legno. In condizioni sismiche speciali, in climi caldi e umidi, il sistema costruttivo più razionale si è sviluppato gradualmente dall'antichità: sulla base di un telaio di legno leggero ed elastico, con pareti che non avevano funzioni di supporto, elevato sopra il livello del piano terra e un tetto inclinato con un'ampia sporgenza. Questo schema di base è variato e cambiato nel corso dei secoli a seconda delle caratteristiche funzionali dell'architettura religiosa e residenziale, dello sviluppo sociale e spirituale della società. Questo schema è visibile nella costruzione del palazzo del X secolo, e il tempio buddista del XIV secolo, e l'edificio residenziale del XVII secolo, che può essere giudicato da alcuni monumenti conservati, ricostruzioni e immagini nei dipinti. Il design della casa da tè, che apparve alla fine del XV e all'inizio del XVI secolo, non fece eccezione. Nell'interno, sono rimasti due elementi di base caratteristici degli alloggi della classe militare: la nicchia (tokonoma) e il pavimento coperto con stuoie di paglia (tatami) come la principale "superficie vitale". Le dimensioni standard delle stuoie (circa 190 x 95 cm) hanno permesso non solo di determinare le dimensioni della stanza, ma anche tutte le relazioni proporzionali all'interno. Le dimensioni della casa da tè Z® erano quattro e mezzo di tatami, il più comune nel corso del XVI secolo. L'unico attribuito a Rikyu Tashitsu, conservato ai nostri giorni, è Tai-an in Mekki - un monastero a Kyoto - è solo di due tatami. Nel recesso quadrato del pavimento (metà delle dimensioni del tatami) era situato il focolare usato per le cerimonie nel periodo invernale.


L'altezza del soffitto nella sala da tè era approssimativamente la lunghezza del tatami, ma era diversa in diverse parti della stanza: il soffitto più basso era sopra il luogo dove sedeva il proprietario. Realizzato con materiali naturali non verniciati, come, in realtà, tutti gli altri elementi del tetto, il soffitto può variare in diverse parti, dalle semplici tavole ai pannelli intrecciati di bambù e canne. Un'attenzione particolare è stata rivolta al soffitto in quei luoghi in cui le finestre sono state installate nel tetto o nella parte superiore del muro, come nel gennaio.

Nelle primissime case da tè non c'erano finestre e la luce penetrava solo attraverso l'ingresso per gli ospiti. Sin dai tempi di Rikyu, è stata data grande importanza alla disposizione delle finestre, alla loro disposizione, forma e dimensione. Di solito di piccole dimensioni, si trovano irregolarmente e a diversi livelli dal pavimento, essendo usati dai maestri del tè per misurare con precisione la luce naturale e concentrarsi sull'area desiderata dell'interno. Poiché l'interno è stato progettato per la mezza figura di una persona seduta su una stuoia, la più importante è stata l'illuminazione dello spazio sopra il pavimento. Le finestre a livello del pavimento si trovano nel padiglione del tè Teygoku-ken a Daitokuji e in molti altri. Le finestre non avevano telai e venivano chiuse con piccole porte scorrevoli coperte di carta. Dall'esterno, al fine di ridurre la luce che penetra all'interno, sono stati forniti con una griglia di bambù retrattile. La posizione e il livello delle finestre sono stati calcolati in modo da illuminare prima di tutto il posto di fronte al proprietario, dove sono stati collocati gli utensili da tè, nonché il focolare e il tokonoma. Alcune case da tè avevano lucernari che davano la luce superiore e venivano solitamente utilizzati durante le cerimonie tenute di notte o all'alba. Entrambe le finestre di tatami e tea house, a seconda della loro posizione, sono indicate con termini speciali 12.

12 (Ibid., Pp. 175-176.)

Le pareti della maggior parte delle case da tè, conservate ai nostri tempi dai secoli XVI-XVII, così come ricostruite secondo i vecchi disegni, sono terraglie con una trama diversa risultante dall'aggiunta di erba, paglia, piccola ghiaia all'argilla. La superficie del muro con il suo colore naturale è spesso conservata sia all'esterno che all'interno, sebbene in alcune zone la parte inferiore delle pareti interne sia coperta di carta (in Joan queste sono pagine di vecchi calendari), e quella esterna è intonacata e imbiancata. Le pareti in argilla sono incorniciate con pali angolari e travi strutturali, spesso realizzati con tronchi appositamente selezionati con una bella trama. Oltre alle aperture delle finestre, Tysytsu ha due ingressi: uno per gli ospiti (nijiri-guchi) e l'altro per l'ospite. Accanto all'entrata più alta, per il proprietario, c'è un ripostiglio - mizuya, dove tutti gli utensili da tè sono collocati sugli scaffali.


In molte case da tè (Hasso-an, Teigyoku-ken e altri) quella parte della stanza, da cui il proprietario appare, è separata dal principale da una stretta, non raggiunge la parete del pavimento, situata tra uno dei montanti che sostiene il tetto e Basirah), la cui origine risale alle più antiche strutture sacrali.

Naka-basira non determina il centro geometrico della stanza e praticamente non ha funzioni di supporto. Il suo ruolo è principalmente simbolico ed estetico. Più spesso, è fatto da un tronco d'albero naturale, a volte anche leggermente curvo e coperto di corteccia. All'interno della sala da tè con una chiara linearità di tutti i contorni della naka-basira veniva percepito come un volume di plastica libero, come una scultura, che organizzava lo spazio intorno a sé. La naka-basira evocava associazioni con la semplicità non sofisticata della natura, priva di simmetria e regolarità geometrica delle forme, necessaria all'estetica della cerimonia del tè, enfatizzando l'idea dell'unità della casa e della natura, l'assenza di opposizione alla struttura artificiale e al mondo non umano. Secondo i maestri del tè, la naka-basira era anche la personificazione dell'idea di "imperfetto" come espressione di vera bellezza.

13 (Laozzi possiede le parole: "La grande perfezione è come imperfetta". Op. da: Ancient Chinese Philosophy, vol. 1, p. 128.)

L'interno della casa da tè aveva due centri. Uno - su una superficie verticale, un tokonoma e il secondo - su uno orizzontale, questo è un centro nel pavimento.

Tokonoma, di regola, si trovava proprio di fronte all'entrata per gli ospiti ed è stata la loro prima e più importante impressione, poiché il fiore in esso contenuto è diventato il suo segno chiave della cerimonia, definito il "campo di idee" e le associazioni offerte dall'ospite.

I dettagli della casa da tè, così come tutti i dettagli degli utensili da giardino e da tè, devono essere concepiti non solo per chiarire le singole fasi del rituale, ma in questo caso per comprendere il processo di confronto graduale di uno spazio architettonico completamente specifico, la costruzione di singole parti con - i concetti filosofici che si sono concretizzati in questo modo, "sono germogliati" nella sfera dell'esperienza diretta della persona e sono stati modificati, trasformandosi in estetica eptsii.


57. Schema del banco del dispositivo per l'attesa e una nave per lavarsi le mani nel giardino del tè. Dal libro "The Art of Tea", 1771

Ad esempio, i primi maestri del tè associavano la piccola dimensione della casa da tè all'idea buddista della relatività dello spazio per una persona che cercava di superare i limiti del proprio io, alla libertà interiore e alla scioltezza. Lo spazio era percepito non solo come una stanza per il rituale, ma era di per sé un'espressione di spiritualità: la sala da tè è un luogo in cui una persona è liberata dalla costante schiavitù delle cose materiali, dai desideri quotidiani, può rivolgersi alla semplicità e alla verità.

Il confronto tra la coscienza astratta e difficile da comprendere delle idee filosofiche con la concretezza del mondo oggettivo quotidiano era l'essenza della creatività dei maestri del tè, che rifletteva i processi che si sono verificati nella cultura giapponese di quel tempo. Pertanto, lo stesso culto del tè può essere interpretato a livello di concetti zen e di transizione dal religioso all'aspetto estetico, ma anche a livello sociale e della vita quotidiana, come l'aggiunta di nuove forme di comportamento sociale e di comunicazione.

Così, già ai primi maestri del tè, il rito nel suo insieme e tutti i suoi elementi hanno ricevuto un significato ambiguo e metaforico. Il mondo degli oggetti quotidiani e dei materiali semplici era pieno di nuova spiritualità e, in questa veste, si apriva a settori molto ampi della società, acquisendo caratteristiche di ideali nazionali.

Murata Syuko ha formulato i cosiddetti quattro principi della cerimonia del tè: armonia, reverenza, purezza, silenzio. L'intera cerimonia nel suo insieme - il suo significato, lo spirito e il pathos - e anche ogni sua componente, fino ai più piccoli dettagli, avrebbe dovuto diventare la loro incarnazione. Ognuno dei quattro principi di Syuko potrebbe essere interpretato sia nel senso astratto-filosofico che in quello concreto-pratico.


Il primo principio implicava l'armonia del Cielo e della Terra, l'ordine dell'universo e l'armonia naturale dell'uomo con la natura. La naturalezza dell'uomo, la liberazione dalla convenzionalità della coscienza e dell'essere, il godimento della bellezza della natura fino alla fusione con esso - tutti questi sono obiettivi interni e nascosti del "percorso del tè" che ha ricevuto l'espressione esterna in armonia e semplicità della sala da tè, la bellezza rilassata e naturale di tutti i materiali - dettagli in legno strutture, muri di fango, pentola di ferro, frusta di bambù. L'armonia implica anche l'assenza di artificialità e rigidità nei movimenti del maestro del tè, l'atmosfera generale di facilità. Include un complesso equilibrio nella composizione del pittoresco rotolo, la pittura della coppa, quando l'asimmetria esterna e l'apparente coincidenza si trasformano in equilibrio interno e ordine ritmico.

La riverenza era associata non solo all'idea confuciana della relazione tra il superiore e il inferiore, il più vecchio e il più giovane. La cerimonia del tè ai tempi di Joo e Rikyu, affermando l'uguaglianza di tutti i partecipanti, implicava il loro profondo rispetto reciproco, indipendentemente dallo status di classe, che di per sé era un atto senza precedenti nelle condizioni della gerarchia sociale feudale. Nel culto del tè, un senso di riverenza doveva essere sperimentato in relazione al mondo della natura, personificato da un singolo fiore in un vaso, un paesaggio in un tokonoma, poche piante e pietre da giardino, e infine, lo spirito generale della naturalezza "miracolosa" caratteristica di tsyatsu e tutti gli oggetti usati nel rituale, senza divisione in importante e senza importanza. Il concetto di riverenza, il rispetto includeva un'ombra di misericordia, compassione, così come l'idea dei limiti di una persona - fisica e spirituale, intellettuale e morale - risultante nel suo costante bisogno di contatto con l'infinito.

Il principio di purezza, così importante nel buddismo e dominante nella religione giapponese dello Shinto, nella cerimonia del tè ha ricevuto un senso di purificazione dalla sporcizia e dalla confusione mondana, dalla purificazione interna attraverso il contatto con il bello, che conduce alla comprensione della verità. La massima pulizia, che è inerente al giardino, alla casa e ad ogni pezzo di utensili, è stata particolarmente sottolineata dalla pulizia rituale - asciugando una tazza, una teiera, un cucchiaio e il lavaggio rituale delle mani e sciacquando la bocca con gli ospiti prima di entrare nella sala da tè.

Non meno importante era il quarto principio proposto da Syuko, il principio del silenzio, la pace. Ha proceduto dal concetto buddista, definito in sanscrito con il termine vivikta-dharma (solitudine illuminata). Nell'arte Zen queste sono qualità che non causano affettività, eccitazione, non interferiscono con la calma interiore e la concentrazione. L'intera atmosfera della sala da tè, con le sue sfumature, le combinazioni di colori ovattati, la lentezza e la morbidezza dei movimenti, favoriva l'autoassorbimento, "l'ascolto" di se stessi e della natura, condizione necessaria per i partecipanti alla cerimonia di parlare in silenzio senza parole. .

I primi due principi - armonia e reverenza - avevano principalmente un significato sociale-etico, il terzo, la purezza, il fisico e il psicologico, e il più importante, il quarto, il silenzio, lo spirituale e il metafisico 14. Salendo alle nozioni buddhiste del nirvana come pace beata, nel culto del tè è associato alle categorie estetiche di wabi e sabi, che sono vicine nel significato l'un l'altro, ma hanno importanti differenze.

14 (Vedi: Suzuki D.T. Zen e cultura giapponese. Princeton, 1971, p. 283, 304.)

Come altre categorie di estetica medievale giapponese, sono difficili da tradurre, anche descrittive. Il loro significato può essere meglio espresso metaforicamente - in senso figurato - nei versi, nella pittura, nelle cose e anche nelle qualità dell'ambiente nel suo complesso.

L'incarnazione del concetto di wabi è un breve poema di Saint-No Riku:

   "Mi guardo intorno, senza foglie, senza fiori, in riva al mare, una capanna solitaria nella luce di una sera d'autunno."

Forse ancora più convincente è il poema del famoso poeta del diciassettesimo secolo Basho:

   "Su un ramo spoglio, il corvo siede da solo, sera d'autunno."

(Tradotto da V. Markova).

"Sabi crea un'atmosfera di solitudine, ma non è la solitudine di una persona che ha perso la sua amata creatura, è la solitudine della pioggia che cade di notte su un albero dalle foglie ampie, o la solitudine di una cicala che sferza su nude pietre biancastre ... In un'atmosfera impersonale di solitudine è l'essenza di saby. Il concetto di wabi è in Rikyu e differisce da wabi in quanto incorpora piuttosto un licenziamento che un'introduzione ai sentimenti umani semplici "15.

15 (Ueda Makoto. Teorie letterarie e artistiche in Giappone. Cleveland 1967, p. 153. Per ulteriori informazioni sulla categoria di saby nell'estetica di Basho, vedi: TI Breslavets. Poetry of Matsuo Basho. M., 1981, p. 35-45.)

La combinazione dei concetti di wabi e sabi significa la bellezza di oscuro, banale e al tempo stesso sublime, non immediatamente rivelata, ma in un accenno e dettagli. È anche la bellezza invisibile, la bellezza della povertà, la semplicità non sofisticata, il vivere in un mondo di silenzio e silenzio. Nel culto del tè, i concetti di wabi e sabi divennero la personificazione di uno stile completamente specifico, l'espressione di certe tecniche e mezzi artistici come un sistema integrale.

Lo stile della cerimonia del tè, che enfatizza in primo luogo la semplicità e la mancanza di pretese, la raffinatezza dell '"imperfetto", è definito come lo "stile wabi". Secondo la leggenda, lo "stile wabi" più completo è stato incarnato da Saint-no-Rikyu e dai suoi seguaci in thee-no-yu.


In conformità con i quattro principi di Syuko e i concetti generali Zen, Rikyu ha pensato ai più piccoli dettagli il design della casa da tè, il design degli interni e la scelta degli utensili. Definisce la "direzione" dell'intera azione nello spazio del giardino ea casa e nel tempo del suo flusso ritmico con accelerazioni, decelerazioni e pause: la convenzionalità teatrale di ogni movimento e azione ha ricevuto, nella sua interpretazione, un significato "secondario", un ulteriore significato profondo. Questo era esattamente il caso, anche se con il paradosso della caratteristica Rikyu del pensiero Zen e dei suoi seguaci, sostenevano che il comportamento spontaneo naturale, la semplicità e la facilità di tutte le azioni erano necessarie. L'idea Zen del non fare come mancanza di sforzo o desiderio deliberato di qualcosa è incarnata nelle parole di Rikyu, parlata in risposta alla domanda su quale sia il significato della cerimonia del tè: "Scalda l'acqua, prepara il tè e bevilo".

Ma allo stesso tempo, nella specificità del rituale, in tutte le fasi del tyu-no-yu e in tutti i dettagli della situazione ricevuta da Saint-No Rikyu, una precisa consapevolezza della loro funzione e significato. L'integrità della cerimonia era basata sulla fissazione canonica del corso principale dell'azione, nonché sull'unità dei principi artistici della costruzione del giardino, della casa, della composizione del dipinto, dell'arredamento della tazza di ceramica. L'armonia e la tranquillità dell'impressione generale erano combinate con la "carica" ​​nascosta all'interno di ogni componente del rituale, che contribuiva ad attivare la sfera emotiva delle persone che vi partecipavano.

I maestri del tè prestarono molta attenzione all'organizzazione dello spazio attorno alla casa da tè, che portò alla nascita di uno speciale giardino del tè (Tanya), che divenne molto diffuso dalla fine del XVI secolo.


Se la base per l'emergere di una forma specifica della casa da tè era la precedente esperienza architettonica incarnata nel tempio buddista e scintoista, la forma del giardino del tè si sviluppò sulla base di una lunga tradizione di arte del giardino.


Prima che venisse formato il vero e proprio giardino del tè, in Giappone per molti secoli l'arte dei giardini si sviluppò come un ramo indipendente della creatività. Sviluppato dagli adepti Zen, i canoni della costruzione di un giardino del tempio sono serviti come base per l'organizzazione dell'ambiente naturale della casa da tè. I maestri del tè usavano lo stesso mezzo di espressione, adattandoli solo a nuove condizioni e nuovi compiti.



64. Una tazza per la cerimonia del tè "Asahina". Ceramica seto. Fine XVI - inizi XVII secolo

Costruito, di regola, su un piccolo appezzamento di terreno tra gli edifici principali del monastero (e più tardi - in condizioni di stretto sviluppo urbano), le prime case da tè avevano solo un approccio stretto sotto forma di una passerella (roji), che nella traduzione esatta significa "terra inumidita di rugiada". Successivamente, questo termine cominciò a denotare un giardino più esteso con una serie di dettagli specifici. Entro la fine del 16 ° secolo, il giardino del tè ricevette una forma più espansa: cominciò a dividersi da una bassa siepe con un cancello in due parti: l'esterno e l'interno.



65. Il lato negativo della coppa "Asahina"

Il passaggio attraverso il giardino è stato il primo passo del distacco dal mondo della vita quotidiana, un cambiamento di coscienza per la pienezza dell'esperienza estetica. Come concepito dai maestri del tè, il giardino divenne il confine di due mondi con leggi, regole e norme diverse. Ha preparato fisicamente e psicologicamente l'uomo per la percezione dell'arte e, più in generale, della bellezza. Fu il giardino il primo atto della "performance" del tya-no-yu, l'ingresso nella sfera dei valori oltre alla realtà.



66. Una tazza per la cerimonia del tè Miyoshi. Corea. XVI. Collezione Mitsui, Tokyo

Il processo di riorientamento del valore, che in una certa misura era l'obiettivo dell'intera cerimonia, è iniziato sin dai primi passi nel giardino, lavando le mani da un recipiente di pietra con acqua. E proprio perché il giardino era molto piccolo, e il passaggio attraverso di esso era così breve, ciascuno, il più piccolo dettaglio era attentamente pensato e rifilato. Durante questo breve periodo, il giardino ha dato una varietà di impressioni, non casuali e caotiche, ma previste in anticipo. Insieme, avrebbero dovuto contribuire allo stato di pace e tranquillità, al distacco concentrato, che era necessario per partecipare al rituale. Così, l'entrata del giardino era l'entrata nello "spazio di gioco", la cui condizionalità era originariamente impostata e resisteva alla "incondizionalità" del reale, lasciata dall'altra parte del cancello. Passare attraverso il giardino era già l'inizio di un "gioco", uno speciale comportamento condizionale, teatrale.



67. Una tazza per la cerimonia del tè "Inaba Tammoku". Cina. secolo XIII. Seikado, Tokyo

Seguendo il passaggio attraverso il giardino, il momento importante del rituale era la contemplazione del tokonoma. La tensione emotiva interna si intensifica a causa di tutta una serie di nuove sensazioni: un piccolo spazio chiuso con calma pulizia delle linee, morbida semioscurità e coerenza con la posizione e la luce di un tokon, la composizione in cui, per così dire, ha aperto per la prima volta l'impeto interiore del rituale offerto agli ospiti associazioni.


La sala da tè era priva di connessioni visive con il mondo esterno, e l'immagine nella nicchia, il fiore nel vaso divenne un'eco della natura, nascosto alla vista. Di conseguenza, ha avuto un effetto emotivo più forte rispetto al confronto diretto tra l'uno e l'altro. C'è una famosa storia su come il dittatore militare Toyotomi Hideyoshi abbia sentito parlare di un insolitamente bello convolvolo cresciuto nel giardino di Saint-no Rikyu, e volesse ammirarli. Entrando nel giardino, aggrottò la fronte in modo aspro alla vista di tutti i fiori strappati. Ma dentro la casa da tè, in una nicchia, c'era un vecchio vaso di bronzo con un singolo, il fiore migliore, quasi a incarnare con la massima pienezza la bellezza unica del convolvolo.


La composizione nel tokonoma per gli ospiti appena entrati nella sala da tè personificava il mondo naturale in un'espressione così concisa e concentrata come un bouquet o una pergamena di pittura.

Tyabana - i fiori per la cerimonia del tè, in senso figurato, un bouquet - è stato scelto in base alle regole generali del rituale, ma il suo scopo speciale era quello di enfatizzare la stagione, suggerendo le caratteristiche di questa situazione unica. Sen-no Rikyu è considerato l'autore della regola principale del Teaban: "Metti i fiori come li hai trovati sul campo", cioè il compito principale nell'organizzare i fiori per la cerimonia del tè era il più naturale, senza sforzarsi di esprimere qualcosa oltre alla propria bellezza, che era tipica per ikebana - arte speciale della composizione floreale 16. In Tyaban, non usano fiori con un forte odore che impedirebbero loro di godersi l'aroma dell'incensiere. Preferenza sono i fiori di campo e di foresta, più coerenti con gli ideali del culto del tè, rispetto alle piante da giardino rigogliose. Molto spesso un singolo fiore o anche una gemma semiaperta viene messo in un vaso. Molta attenzione è dedicata alla corrispondenza del vaso con il fiore selezionato, la sua armonia proporzionale, testurizzata e cromatica.

16 (Vedi: Ueda Makoto. Teorie letterarie e artistiche in Giappone, p. 73.)

La trama del dipinto scelto per il tokonoma dipendeva dal concetto generale della cerimonia ed era associata alla stagione e all'ora del giorno. C'erano anche alcuni cliché di associazioni di immagini. L'immagine con la scena invernale era piacevole nella calura estiva, in una fredda sera d'inverno un rotolo raffigurante fiori di pruno selvatico era un precursore della primavera.

I campioni di pittura, che erano in consonanza con gli ideali del cha-no-yu, apparivano alcuni secoli prima della cerimonia, ei maestri del tè avevano l'opportunità di scegliere tra la ricca eredità di artisti provenienti dalla Cina e dal Giappone. Questi erano molto spesso dipinti con il mascara, che, nella sua astrazione dal colore degli oggetti reali, era in grado di trasmettere non solo l'aspetto, ma anche l'essenza stessa delle cose. In questo dipinto, non era tanto la trama che era importante quanto il metodo pittorico stesso e la tecnica di esecuzione associata

17 (Vedi: Rawson Ph. I metodi della pittura Zen. - "The British Journal of Aesthetics", 1967, okt., Vol. 7, N4, p. 316.)

La poetica della reticenza e del suggerimento nella pittura Zen intensifica la percezione, come se attirasse l'osservatore nel processo di "finire" l'assente, completamento del non finito. L'immagine asimmetrica, spostata in una direzione, era visivamente bilanciata dallo sfondo vuoto, che divenne la sfera di applicazione dell'attività emotiva dello spettatore e della sua intuizione. La concisione dei mezzi è stata valutata come espressione della massima compattezza nell'organizzazione artistica del piano pittorico, quando un punto costringe già a percepire un foglio bianco di carta o di seta come lo spazio infinito del mondo.


Questo principio generale può essere definito condizionalmente come "l'impatto dell'assenza", quando è importante non solo ciò che viene percepito direttamente, ma anche ciò che non è visibile, ma ciò che è sentito e che colpisce non meno fortemente.

I tratti caratteristici della pittura Zen, i suoi aspetti compositivi non solo corrispondono ai principi generali del culto del tè - essi, a loro volta, aiutano a chiarire questi principi, poiché è nella pittura che l'atteggiamento Zen all'atto creativo e il suo risultato si incarna in modo più completo e chiaro.

La pittura Zen, come la calligrafia, non è per niente sempre corsiva nello stile ed espressiva nella struttura emotiva. I capolavori dei famosi artisti cinesi My Qi e Liang Kai, che hanno ispirato i maestri giapponesi, sono in questo senso molto diversi. Ma forse Sen no Rikyu. Vaso di fiori alla cerimonia del tè. Bamboo. 1590 attraverso lo stile del tratto "volante" e, per così dire, macchie d'inchiostro cadute accidentalmente in corsivo calligrafico e pittorico, è più facile capire i compiti dell'immagine Zen, le sue caratteristiche uniche.

Tra le opere superstiti del grande Sassu (1420-1506) c'è un paesaggio nello "stile haboku" (letteralmente - mascara spezzato), che rende possibile comprendere la direzione stessa degli sforzi interni dell'artista e la vicinanza di questi sforzi a ciò che facevano i maestri del tè. Il compito della pittura Zen, come, comunque, in senso lato, di tutta l'arte medievale, era trovare forme di trasmissione di ciò che è al di là della percezione sensoriale - il mondo invisibile dello spirito, contatto con il quale si sentiva come contatto con la Verità, l'Assoluto, e nel Buddhismo Zen - come "intuizione".

Secondo il concetto di Zen, questo contatto è un breve momento che trasforma l'intera essenza interiore di una persona, il suo atteggiamento verso il mondo e l'autopercezione, ma potrebbe non influenzare affatto il corso esterno della sua vita, la sua attività quotidiana. Così, un breve momento di "illuminazione" rimane, per così dire, fuso nel "massiccio" dell'eternità dell'essere, i suoi gironi incessanti, la costanza della sua variabilità. Sembrerebbe che il compito impossibile di combinare il momento e l'eternità nell'opera pittorica, in sostanza, fosse il principale per l'artista Zen, così come per il maestro del tè.

"Paesaggio" (1495) Sassu è ideologicamente coinvolto nell '"eternità", sia nel suo motivo (il mondo infinito della natura-cosmo, immutato nelle sue leggi fondamentali e che incarnano queste leggi), sia nella canonicità di questo motivo e del suo metodo di realizzazione (Sessu non "inventò" "ma seguendo molte generazioni di predecessori - artisti cinesi e giapponesi). Tuttavia, l'immagine ha registrato un momento unico di estatica esperienza del motivo della trama dell'artista, risultante in una combinazione altrettanto unica di tratti e macchie di mascara su un campo di carta bianca, che trasmette non tanto le forme materiali - montagne, alberi, accoccolati su una capanna di roccia sulla riva del torrente - ma l'immagine di una tempesta e di una pioggia furiosa, la cui bellezza si è improvvisamente aperta agli occhi nei contorni sfuggenti, mutevoli e inafferrabili degli oggetti. Questa impressione non si manifestò in seguito a un attento scrutinio graduale, ma immediatamente e immediatamente, generata da una rapida occhiata, così acuta da penetrare nell'essenza stessa delle cose, il loro vero, nascosto e non solo significato ovvio.

Nell'occhio iniziale, fissato nella calligrafia del pittore e nella stilistica della sua lettera per accelerare, "istantaneità" di catturare le forme soggettive, si può vedere una "impronta" di un impulso soul, quando l'immagine come se stesse nascendo involontariamente sorge e rivela nelle immagini visibili lo stato interiore di questo breve istante. pronto a cambiare nel momento successivo, vai via, sparisci 18.

18 (Mer il concetto di conoscenza intuitiva nel Buddhismo Zen e la relativa "crescita" spontanea dall'interno all'esterno, piuttosto che dalla creazione (si veda Watts A. The Way of Zen, New York, 1968).)

Cambiando l'intensità di una pennellata tattile, confrontando uno spesso nero o quasi impercettibilmente grigio con lo sfondo bianco, imprimendo il ritmo stesso della loro imposizione - i tratti obliqui e taglienti "abbandonati" del pennello, il suo tocco leggero e morbido sulla superficie della carta - costituisce la complessa dualità del concetto temporale del paesaggio, proprio come i concetti di spazio (creazione di diversi piani e cura infinita in profondità).


Teoricamente, il buddismo Zen ha rigettato il rito canonico della chiesa e la fissazione iconografica dell'oggetto di culto. Al di fuori della natura mitologica dell'insegnamento Zen, il requisito del lavoro interiore, non della fede, per raggiungere il satori significava un appello all'ordinario e al quotidiano, che in qualsiasi momento può diventare il più alto e sacro - tutto dipende dall'atteggiamento della persona nei suoi confronti. La verità, la "natura di Buddha" non poteva essere rivelata all'uomo attraverso il contatto con l'immagine di culto, ma attraverso la contemplazione di un uccello su un ramo, germogli di bambù o una catena montuosa in una nebbia. L'identità dell'ordinario e del sacro implicava la necessità della somiglianza vitale delle forme riprodotte dalla pittura, il loro riconoscimento al livello dell'esperienza quotidiana, che apriva la possibilità di comprenderle a un livello più alto di essenza spirituale. Nella pittura Zen, si formò gradualmente una cerchia di soggetti che comprendeva, oltre ai paesaggi, immagini di animali, uccelli, piante del bodhisattva Kannon, patriarchi zen, eccentrici saggi Kanzan e Dzittoku. Ma l'atteggiamento di principio verso il motivo visivo era lo stesso a causa dei principi fondamentali dell'insegnamento, che richiedeva di comprendere la sua unica essenza e la sua integrità per l'apparente pluralità di forme del mondo. Ancora più importante, non c'era una tale connessione diretta tra forma e significato come tra la forma e il soggetto dell'immagine 19.

19 (Vedi: Rawson Ph. I metodi di pittura Zen, p. 337)

Tale vicinanza spesso nota della pittura e della calligrafia Zen è determinata non solo dall'unità dei mezzi e dai metodi di base della scrittura, ma prima di tutto dall'identità dell'atteggiamento verso il segno geroglifico e il segno - il tocco pittorico. La pittura Zen "ricorda" gli antichi legami essenziali con la scrittura geroglifica, la sua natura ideografica. Il geroglifico che incarna un concetto astratto e allo stesso tempo porta nelle sue forme gli elementi di visualizzazione, diventa un modello di attitudine Zen alla pittura e alla sua percezione, il desiderio di una tale unità di concetto e immagine, la cui comprensione sarebbe una tantum, istantanea (la fusione del conscio e dell'intelligenza, a differenza graduale movimenti dall'ignoranza alla conoscenza). È stato confrontato con il satori, è stato paragonato a lui.



74. Sala da tè Dzaytyu-en. Ceramica seto. Primi 17 ° secolo Custodie in broccato per teiera dzaytyu

Come un geroglifico può avere qualità estetiche indipendentemente dal suo significato (quando il movimento nel tratto del pennello viene trasmesso come tale), un'immagine pittorica può portare solo un accenno di un concetto semantico, essere quasi solo un punto, un tratto in cui i contorni di oggetti specifici sono indovinati. In un tale punto dell'istante viene ricreato qualcosa, aperto solo all'artista, che si trasforma e scompare all'istante, ma capace di evocare un "eco", "eco" nell'anima di un'altra persona. La pittura Zen nega fondamentalmente l'idea di completezza dell'opera, che contraddirebbe sia la nozione di variabilità infinita e costante del mondo, sia la nozione di mobilità della percezione, l'aspetto di un significato diverso per lo spettatore a seconda del momento specifico, dell'umore emotivo e in generale - della sua vita e spirituale esperienza. Quindi il maestro Zen ha cercato di trasmettere l'invisibile e non è possibile l'immagine. Compiti simili, come già accennato, ponevano se stesso e il maestro del tè, che tentava nel rituale, attraverso tutti i sensi e l'intuizione di ispirare i suoi ospiti con qualcosa di difficile percepibile, ma estremamente importante, che costituiva, a suo parere, l'essenza stessa del mondo e dell'uomo.



Delle numerose annotazioni sul diario delle cerimonie del tè conservate nei secoli XVI-XVII, con un'indicazione precisa del luogo e dell'ora della loro condotta, della composizione degli ospiti e delle caratteristiche degli utensili, si può giudicare che ogni volta un serio lavoro interno era necessario per preparare e condurre l'azione, così che l'ospite e gli ospiti sentito il risultato in se stessi. Come già notato, la cerimonia non era nulla di importante, secondario. Non sorprende, quindi, che ogni pezzo di utensili sia stato accuratamente selezionato principalmente in termini di conformità con il tono generale del rituale e l'armonia del tutto. Sebbene già dalla fine del XV secolo, fossero definite le regole di base dell'inferno, vi fu un aggiornamento piuttosto attivo della procedura, ogni maestro introdusse tutti gli elementi nuovi e nuovi in ​​esso. Come l'intero rituale, le cui proprietà estetiche si formavano gradualmente dal non estetico, anche gli utensili avevano inizialmente un significato completamente diverso e pratico. Dell'enorme quantità di cose utilitaristiche, i maestri del tè, scegliendo solo quelli di cui avevano bisogno, costituivano un nuovo ensemble, con nuovi compiti, in cui tutto veniva ri-realizzato nelle sue funzioni e proprietà estetiche.



75. Uji Bunrin Caddy e un cucchiaio di bambù del maestro Gamo Udizato. XVI secolo. Museo Nazionale, Tokyo

All'inizio della sua aggiunta, gli utensili cinesi dell'epoca Song erano usati principalmente: ciotole blu-verdi e vasi di stufe Longquan, imitando il colore della giada, smalti bianco latte e marrone spessa, che venivano chiamati temoku in Giappone, erano usati per imitare il colore della giada.

Takeno Jo e i suoi contemporanei hanno trovato largo uso dei prodotti dei maestri coreani e dei loro vicini giapponesi. Insieme a raffinate ciotole e vasi con un motivo intarsiato di argille colorate, i maestri del tè iniziarono a utilizzare utensili in ceramica più semplici fatti per uso domestico. Nella sua leggerezza, un fascino speciale è stato notato per la prima volta.


Ma solo con Saint-no Rikyu è iniziata la consapevolezza del valore del giudizio estetico e del gusto personale di ogni maestro del tè. Furono i primi artisti ceramici nella storia del Giappone, che, a differenza degli artigiani, iniziarono a fabbricare tazze per le loro cerimonie o direttamente a dirigere i vasai. Anche i maestri del tè ritagliavano cucchiai di bambù e Rikyu creava anche un vaso di bambù. Con la sua partecipazione, ha iniziato a fare tazze del famoso ceramista Chojiro - il fondatore della dinastia dei maestri della ceramica Raku.


L'ampia diffusione delle cerimonie del tè nel 16 ° secolo ha stimolato lo sviluppo di molti tipi di arti decorative e di artigianato. Utensili in ceramica e laccati fatti da tempo immemore, bollitori di ferro e vari prodotti di bambù sono ormai oggetto di raccolta, la domanda per loro è aumentata molte volte.

L'espansione della sfera della cultura, il coinvolgimento di ampi segmenti della popolazione, la consapevolezza del valore estetico delle cose quotidiane della popolazione più povera e quindi la loro inclusione nel concetto di bellezza - tutto ciò costituì lo stadio più importante nella formazione degli ideali estetici nazionali nel XVI secolo basato su un profondo ripensamento interno di campioni stranieri. Un fiorire tempestoso di artigianato artistico era collegato a questo - non solo per le esigenze del culto del tè stesso, ma anche per la vita di tutti i giorni, la cerimonia del tè diventando un modello ideale per questo.

Ad esempio, la scala senza precedenti è stata raggiunta dalla produzione di vasi di ferro (Kama), in cui l'acqua bolle durante la cerimonia. Tra gli altri utensili da tè, un bowler è chiamato "maestro". I centri più famosi di questa produzione erano due: in Asia nel nord di Kyushu e in Sano nel Giappone orientale (moderna prefettura di Tochigi). Questi centri sono stati conosciuti sin dall'era Kamakura e, secondo alcune fonti, i primi 20.

20 (Vedi: Fujioka Ryoichi. Utensili per la cerimonia del tè. New York, Tokyo 1973, p. 60)

Nei numerosi laboratori di lacca di Kyoto, che hanno sperimentato la rapida espansione delle loro attività nel XVI secolo, principalmente per l'esecuzione di numerosi articoli per le esigenze della nuova élite dominante, gli artigiani hanno lavorato settimane e mesi, eseguendo speciali teiere (natsume) con una superficie nera lucida per ordinare gli aderenti al culto del tè decorato con dipinti in oro o argento.

Per i maestri del tè sono stati realizzati anche cucchiai di bambù di vari "stili" e sono stati conservati i nomi dei loro autori insieme ai nomi dei famosi ceramisti e di altri artigiani-artisti: Sutoku, Sosey, Soin. Molti maestri del tè tagliarono i cucchiai, che in seguito furono particolarmente apprezzati. Bambù fatto e frusta (tasas) per sfornare il tè in schiuma. Durante il tempo di Murat Shuko, il primo dei noti autori di Tiasen, visse Takayama Sosetsu. Cominciò una lunga dinastia di artigiani, ancora esistenti a Kyoto.

Ma il culto del tè ebbe un impatto particolarmente ampio e incomparabile sullo sviluppo della ceramica giapponese, che fiorì dalla metà del XVI secolo.

Come già notato, la maggior parte degli articoli per il tè erano fatti di ceramica. Il primo posto, ovviamente, appartiene alla coppa (tyavan) e al caddy (tau-ire), la successiva più importante è la nave per l'acqua fredda pura (mizushashi), il vaso per i fiori (hana-ire), la nave per l'acqua usata (mizukoboshi o kensui). Una piccola scatola per l'incenso, un incensiere era fatto anche di ceramica, e a volte un supporto per un coperchio rimosso dalla pentola (contiene anche un mestolo di bambù). In alcune cerimonie, agli ospiti viene mostrata una grande nave a forma di uovo per le foglie di tè, di solito in piedi nel ripostiglio. La ceramica può essere un supporto per il braciere, utilizzato nella stagione calda; la ceramica era servita quando serviva cibo (kaiseki) in alcuni tipi di cerimonie.

È chiaro che nel significato e nello spirito del rituale la coppa era l'oggetto centrale tra tutti gli utensili. È stata prestata attenzione sia dagli ospiti che dalle cerimonie. Lei possedeva il ruolo più dinamico, ha fatto i movimenti più grandi e ha dato molte impressioni diverse, oltre a quelle visive. Non sorprende che rimasero moltissime tazze di maestri famosi e sconosciuti, molto apprezzati e amati come i più preziosi tesori nazionali.

Importati dalla Cina e molto apprezzati in Giappone, le ciotole a forma di cono aperto, ricoperte di smalto grigio-blu o bianco puro, a volte con una rete di piccoli crepitii, creavano il maggior numero di imitazioni. Già alla fine del XV secolo, le stufe di Seto e Mino nel Giappone centrale producevano un gran numero di tazze ricoperte di smalto giallo pallido (tipo seto giallo) e varie sfumature di smalto marrone, grosse gocce che scendevano fino alla gamba dell'anello, che rimase non vetrate. Irregolarità e macchie nella glassa, nel crepitio, nel contrasto tra la superficie lucida smaltata e la base in argilla opaca, infine, le sagome morbide e arrotondate delle tazze hanno costituito la base della loro espressività e del loro fascino. Nella seconda metà del XVI secolo, sotto l'influenza del programma estetico del culto del tè, queste stesse fornaci iniziarono a produrre tazze di forma cilindrica più chiusa con un bordo spesso irregolare, smalto poroso irregolarmente applicato e talvolta con un disegno ampio e ampio (prodotti come sino e oribe).

Centri ceramici sulle isole di Kyushu, molti dei quali furono fondati da maestri coreani nel XIV secolo, così come maestri, trasportati con la forza qui durante le conquiste di Hideyoshi nel 1592 e nel 1597, originariamente nelle loro forme e nello stile pittorico erano molto diversi da quelli prodotti nelle province centrali e solo l'aumento della domanda di utensili per il tè ha influenzato alcuni dei loro cambiamenti. Il più grande centro ceramico era Karatsu nella provincia di Hizen, nel nordovest di Kyushu, così come Takatori e Agano, nel nord-est di Kyushu, Satsuma, nel sud, Yatsushiro, nella parte centrale dell'isola, e Hagi, nella punta più meridionale di Honshu. I prodotti di tutte queste stufe erano piuttosto pesanti, con uno spesso coccio, squisitamente grezzo nell'imposizione di smalti e decorazioni dipinte, che era molto apprezzato da molti maestri del tè. Le stesse qualità, ma in termini ancora più espliciti, erano caratteristici della produzione di stufe che hanno lavorato a lungo per le esigenze contadine locali, in Bizen, Shigaraki e Tamba, considerate le stufe più antiche del Giappone centrale. Tazze, brocche, recipienti cilindrici prodotti dalle fornaci erano semplici e senza pretese. Erano fatti di argilla porosa locale di sfumature rossastre e bruno-rossastre, la loro unica decorazione era ricoperta di cenere e macchie scure irregolari apparivano durante la cottura a causa della diversa trazione e temperatura nel forno. È questa irregolarità, la ruvidezza ruvida dei prodotti, la loro semplicità rustica e attirato i maestri del tè. Soprattutto spesso i prodotti Tamba, Sigaraki e Bizen venivano usati nelle cerimonie del tè come vasi per vasi d'acqua e fiori. Le loro proprietà, come se fossero state riscoperte e notate dai maestri del tè in una varietà di prodotti di maestri sconosciuti, sono state ricreate e portate alla grande acutezza e hanno sottolineato l'espressività nelle opere di artisti della ceramica che producevano prodotti per il cancro. Il rappresentante della quattordicesima generazione di questi maestri e ora lavora a Kyoto.

In ceramica al raku, quelle qualità che erano generalizzate dai maestri del tè nel termine wabi, erano pienamente incarnate. L'impersonalità degli utensili contadini con tutte le sue caratteristiche era collegata qui con l'arte del piano individuale, esprimendo l'unicità dell'opera d'arte. Il primo della linea di maestri di raku fu Tanaka Chojiro (1516-1592), che iniziò il suo lavoro con la fabbricazione di piastrelle e, dopo essersi incontrato con San No Rikyu sotto la sua guida, preparò tazze per la cerimonia del tè. Il nome del cancro cominciò a essere messo sui prodotti della fornace, a cominciare dalle opere del rappresentante della seconda generazione di maestri Jokai, che ricevette un sigillo d'oro con il "cancro" geroglifico (piacere) di Toyotomi Hideyoshi. Il famoso maestro era un rappresentante della terza generazione di maestri del raku - Donu, noto anche come Nonko.

La caratteristica principale delle tazze raku è che non sono state eseguite su un tornio da vasaio, ma sono state modellate a mano, come una scultura. Quasi tutte hanno una forma cilindrica, con più o meno rotondità della silhouette, un bordo leggermente irregolare, leggermente ricurvo e una gamba anulare di diverse altezze. Ci sono due tipi principali di tazze rakucherny e raku rosso, a seconda del colore della glassa. Il processo di modellazione della coppa assunse l'unicità di ogni esemplare, la sua unicità figurativa associata ai tratti plastici della forma, riflettendo l'individualità del maestro, il suo stato interiore al momento della creazione, proprio come lo era con un rotolo pittoresco o un'iscrizione calligrafica. Ciò ha anche contribuito all'elemento di casualità nei toni dello smalto e alla leggera deformazione, anche alla rottura della massa ceramica, ottenuta durante la cottura. Così, la dichiarazione dei maestri di tè sul diritto al gusto individuale e la sua incarnazione in un rituale del tè influenzarono le caratteristiche stilistiche della ceramica, il suo significato figurativo. È stata la ceramica al cancro a dare inizio alla creatività personale in questo tipo di arte, strappandola così dall'impersonalità del mestiere e allo stesso tempo portando l'artigianato al livello dell'arte superiore.

La teiera di ceramica era considerata forse l'oggetto più prezioso, nemmeno inferiore alla tazza. Ad esempio, nel catalogo della collezione shogun Tokugawa, compilata nel 1660, nella classificazione delle opere d'arte, prima la calligrafia, poi i dipinti e le terze teiere, seguiti da vasi di fiori e tazze per la cerimonia del tè. E nell'enumerazione di opere appartenenti alla famiglia Matsuya - famosi maestri del tè della città di Nara - riferendosi agli inizi del 17 ° secolo, i caddies sono classificati anche prima delle pittoresche pergamene 21.

21 (Ibid., P. 39.)

L'atteggiamento verso il piccolo caddy (tyare) come l'oggetto più prezioso degli utensili per il tè è stato sottolineato dal fatto che è stato collocato su un vassoio speciale di lacca. Molte teiere avevano nomi poetici. Il loro "pedigree" registrato passò al nuovo proprietario, così come le borse di seta di tessuti costosi in cui era conservato il tyere.

È già stato notato che per una particolare cerimonia del tè, ogni volta venivano selezionati diversi utensili. La cura del maestro del tè era che ogni oggetto era in armonia con tutti gli altri, senza perdere la propria espressività. I maestri del tè formarono coscientemente un nuovo tipo di atteggiamento verso le cose come oggetto di contemplazione, il che implicava il desiderio di penetrare nella sua essenza, il suo inizio spirituale e vivente nascosto dietro il guscio esterno. L'attenzione al caddy, un cucchiaio di bambù, una tazza rendevano la cosa lo stesso mezzo di rapporto spirituale del rotolo di pittura.

Scegliendo l'uno o l'altro set di utensili, il maestro del tè immaginava con precisione come esattamente questi oggetti sarebbero stati collocati attorno al focolare, come avrebbero funzionato nel rituale e come interagire visivamente tra loro. I maestri del tè evitavano le associazioni più semplici, la diretta somiglianza delle forme, raggiungendo una varietà di emozioni sofisticate. La glassa nera della tazza escludeva un caddy di lacca nera, un recipiente cilindrico per l'acqua escludeva lo stesso vaso, ecc. Ma allo stesso tempo, tutti questi oggetti costituivano un unico insieme artistico, in cui non c'era possibilità e arbitrarietà ingiustificata. Le leggi della costruzione di un tale insieme sono anche associate alle rappresentazioni del mondo buddista. Secondo loro, ogni fenomeno (singolo) è un'espressione completa dell'essere in sé e per sé, e non attraverso il mezzo di altri fenomeni associati all'Assoluto, l'Uno, e lo esprime. Di conseguenza, le relazioni spazio-temporali tra singoli oggetti e fenomeni sono insignificanti, secondarie. Al contrario, il loro divario, il confronto tra il diverso, l'inaspettato può scoprire più completamente l'essenza, rivelare le qualità sottostanti.

L'intera cerimonia del tè può essere vista come una "organizzazione di emozioni" pianificata, in cui ogni momento, ogni oggetto e l'intera azione risultano essere essenziali ed efficaci. Il maestro del tè - il maestro della cerimonia - ha mostrato la sua volontà creativa e la sua potenza creativa come interprete, trasformando ogni volta uno schema ordinato fissato nel canone in un lavoro specifico, costringendo le persone ad aprire i loro cuori e riempirli di gioia e dolore, gioia della bellezza provata e dolore dell'irreversibilità di questo momento. La sua arte consisteva nella capacità di improvvisare su un determinato tema, o meglio, scelto, per trasformare la "logica inerte del fenomeno" (l'espressione di S. Eisenstein) nella "logica organizzata" dell'opera olistica 22.

22 (Vedi: S. Eisenstein, M. Fav. Manuf. in 6 tonnellate, v.2. M., 1962, p. 293.)

Il rituale, il cui razionalismo estetico era messo al servizio della "programmazione" di un certo stato emotivo, divenne un modo per ristrutturare temporaneamente la coscienza, disconnettendosi dall'esperienza quotidiana e stimolando la sfera del subconscio. Attraverso la metafora capiente, che era dotata di tutti gli elementi della cerimonia del tè e del processo stesso, poteva nascere solo uno speciale contatto interiore tra il maestro del tè e il suo ospite. Questo contatto alla fine ha dovuto condurre all'unisono dei cuori come l'obiettivo più alto dell'intera cerimonia. Silenzio, il silenzio divenne il mezzo della vita per i sensi, il mondo reale sembrava cessare di esistere e l'unità spirituale dei partecipanti al rituale divenne per un momento la loro unica e acuta realtà. La consapevolezza della verità da parte degli adepti Zen come qualcosa di supersensibile, irrazionale, aperto sotto forma di un accenno di bellezza ricreato dall'artista, ha portato a comprendere l'esperienza come conoscenza, dove le emozioni sono la sua unica via, e l'immagine, metafora, simbolo è il mezzo principale. Nel contesto della cultura medievale, tale contesto era di grande importanza storica: era un precursore dell'emancipazione interna dell'individuo, la via alla conoscenza del suo valore indipendente.

Sembrerebbe molto difficile combinare il requisito zen dell'immediatezza dell'atto creativo, l'ingenuità infantile e la mancanza di arte delle opere con la rigorosa costruzione del rituale della cerimonia del tè, il suo preciso allineamento. Qui si può vedere non solo la natura paradossale del pensiero Zen, ma il modello generale dell'arte canonica con la sua possibilità di improvvisazione e scioltezza solo in virtù della generosità del modello generale (comportamento, forme, ecc.) 23.

23 (Vedi: Yu. M. Lotman L'arte canonica come paradosso dell'informazione. - Nel libro: Il problema del canone nell'arte antica e medievale dell'Asia e dell'Africa. M., 1973, p. 19-20.)

Il culto del tè ha avuto un enorme impatto sulla cultura giapponese in un'ampia varietà di aree. La posizione di "frontiera" della cerimonia del tè all'incrocio tra realtà e arte ha portato al fatto che la sua influenza si estendeva a entrambe queste sfere. Nella vita reale, la cerimonia del tè riempiva in parte il vuoto etico che si formava nelle condizioni in cui la moralità Bushido ("la via del guerriero"), con il suo culto del potere, brutalità, devozione feudale al signore, non soddisfaceva le richieste del "terzo stato" formante, proprio come moralità puramente religiosa (nella sua variante buddista-scintoista) La Via del Tè, con la sua idea di uguaglianza e orientamento verso gli ideali democratici di origine, era una peculiare forma estetica di trasformazione della religione. La nuova unità spirituale dei partecipanti fu costruita secondo un modello utopico, ma trasformò questo modello utopico in un ideale etico: il culto del tè divenne l'adattamento della società a una situazione storica mutevole, la ristrutturazione della struttura sociale, nonostante la conservazione delle istituzioni feudali. La cultura giapponese, e ha modellato le sue caratteristiche essenziali quando il sistema stesso di riflessione a cui è soggetta la realtà scorre secondo le leggi del pensiero create da questa stessa realtà.

24 (Freudenberg O. Poetica trama e genere. L., 1936, p. 115.)

La cerimonia del tè può essere considerata come un insieme di regole, standard estetici ed etici. Ma la loro particolare efficacia, che portò al radicamento nella coscienza pubblica, era determinata dal fatto che queste regole non erano espresse in concetti astratti che richiedevano commenti e spiegazioni. La cerimonia del tè divenne una sorta di "metodo di apprendimento" che portò i concetti Zen alla comprensione attraverso l'esperienza di vita diretta disponibile per ogni persona (in accordo con l'idea di illuminazione qui e ora) Questi concetti furono presentati sotto forma di regole che furono percepite emotivamente e assimilate attraverso l'esperienza personale individuale diventando l'estetica della vita e del comportamento, ecco perché il culto del tè era di così grande importanza per la cultura giapponese, non solo nel XVI secolo, ma anche nei secoli successivi.

Lo sviluppo del culto del tè e la sua distribuzione fu una delle rifrazioni nella sfera della cultura di profondi processi storici e sociali. L'unificazione del paese, la cessazione delle guerre interne hanno contribuito non solo al miglioramento dell'economia, allo sviluppo del commercio, alla ripresa dei legami culturali tra le singole province. Tutto ciò è servito ad aumentare l'identità nazionale, l'aggiunta di ideali nazionali, aumentare il loro prestigio.

Usando l'esempio del culto del tè, si può esplorare non solo in generale, ma in particolare, passo dopo passo, il processo di secolarizzazione della cultura artistica giapponese e allo stesso tempo l'aggiunta della sua originalità. I concetti astratti religioso-filosofici che furono fondamentali per la cultura artistica del Medioevo maturo, essendo tradotti nel linguaggio delle immagini e incorporati nelle forme oggettive quotidiane dalla sfera dell'esperienza empirica, divennero comprensibili alla coscienza ordinaria, non preparata e quindi aperta e accessibile a tutti. Attraverso gli sforzi creativi dei maestri del tè, l'idea astratta di Essere ha ricevuto la forma di una "situazione quotidiana" idealizzata - la cerimonia del tè. Ma la trasformazione era ambivalente: la cerimonia del tè può essere considerata e viceversa - come la vita, innalzata al livello dell'Essere.

Riguardo all'aggiunta dei tratti distintivi della cultura giapponese, manifestata nel culto del tè, qui "l'alieno" si è trasformato in "suo", immergendo in modo particolare l'idea dell'intero territorio nel contesto etnico specifico della cultura, quando l'idea di bere il tè rituale nato nel continente ha ricevuto non solo un'interpretazione ampiamente secolare, ma anche forme uniche di espressione.

Lo sviluppo del culto del tè in Giappone nel 16 ° secolo non fu un incidente. Nell'era dei profondi mutamenti sociali e sociali, in essa si trovava la tendenza all'autoconservazione della cultura, all'interno della quale venivano creati i modelli, che poi cominciavano a influenzare attivamente la vita reale. In una forma mediata nella setta del tè si rifletteva il complesso, multi-passo e si allungava nel tempo il passaggio da uno stadio della cultura artistica medievale a quello successivo, designato come l'era del tardo Medioevo, che allo stesso tempo divenne un precursore di una nuova epoca nella storia del Giappone.